Una disamina
della Proposta di Legge presentata dall’On. Rubino nel maggio 2008
Da alcuni anni finalmente anche il Governo italiano si interessa all’introduzione dell’Intelligenza Emotiva a scuola. Nell’ordine sono state presentate una Proposta di Legge nel maggio 2008 a firma dell’On. Rubino, una Mozione dell’On. Bellucci nel marzo 2019 ed è stato assunto dal Governo un impegno in tal senso nell’agosto 2019 durante l’approvazione del Disegno di Legge n. 1264, «Introduzione dell'insegnamento scolastico dell'Educazione Civica».
In che modo procedere? I conti italiani, lo sappiamo, sono in sofferenza, pertanto le proposte sin qui presentate mirano sì ad introdurre delle novità, ma nel contempo intendono risparmiare, evitando di aprire nuovi capitoli di spesa nel bilancio statale. La nostra opinione è che non si possa introdurre all’interno del curricolo scolastico una materia tanto importante senza prevedere anche delle inevitabili e necessarie voci di spesa correlate.
In questo articolo mi occuperò della Proposta di Legge
(non
approvata) presentata al Parlamento italiano il 26 maggio 2008 dal deputato
Fiorella Ceccacci Rubino, attrice teatrale e membro della VII Commissione
Cultura e Spettacolo dal 2006 al 2013. A chi viene affidato il compito di
formare gli studenti in aula nella nuova materia di studio?
a) Nella
scuola primaria, al personale diplomato nelle accademie e negli istituti di
alta formazione artistico-teatrale riconosciuti dal Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca. b) Nella scuola Secondaria di Primo e Secondo grado, ai docenti delle materie umanistiche.
La
proposta mira all’introduzione delle attività
teatrali nelle scuole di ogni
ordine e grado; per questo motivo all’articolo 3 viene menzionato in maniera
esplicita l’affidamento dell’insegnamento di «attività teatrali e intelligenza
emotiva», collegati insieme come se si trattasse di un tutt’uno.
Ora,
se è vero che occuparsi di teatro aiuta a sviluppare competenze relazionali e
di autoanalisi, non è tuttavia possibile affermare che l’intero campo
dell’intelligenza emotiva possa essere esaurito con delle lezioni ed esperienze
di teatro.
Inoltre
nella scuola Secondaria di Primo e Secondo grado si dovrebbero occupare di tale
materia i docenti di “materie umanistiche”,
dopo aver frequentato un corso di sei mesi erogato per l’occasione dal
MIUR (art. 3, comma 2 della suddetta Proposta di Legge). Personalmente
sono una docente di Lettere di scuola Secondaria Superiore, e fra la programmazione
degli interventi didattici quotidiani, lo studio, le ore di docenza in aula, la
correzione degli elaborati e gli impegni pomeridiani a scuola non rimane
davvero molto tempo a disposizione per formarsi seriamente in un ambito differente
rispetto a quello approfondito nel corso degli studi universitari. A meno che
non ci si voglia improvvisare “attori” o “registi” senza di fatto esserlo.
Peraltro
siamo sicuri che i docenti di materie umanistiche siano tutti “emozionalmente intelligenti”? Talmente
competenti in questo settore da poter insegnare agli altri come fare? Io per
prima nutro dei dubbi sulle competenze che potrei acquisire in corsi veloci
erogati dal MIUR, poiché nella vita ho frequentato ogni sorta di corsi di
crescita personale, ma le mie competenze “emotive” e di gestione di aule
“problematiche” non ne hanno beneficiato più di tanto. I miei studenti possono
testimoniarlo. Non basta frequentare un corso per diventare competente in un
settore tanto delicato quale è quello dell’accettazione, dell’espressione e
della gestione delle emozioni. Nel caso in cui dovessero emergere vissuti
profondi, che competenza ha il docente di materie umanistiche per intervenire
in maniera congrua, evitando di arrecare danni?
L’analfabetismo emotivo è diffuso in maniera
capillare fra la popolazione, e il corpo docente non fa eccezione in tal senso.
A mio avviso gli unici professionisti che possono permettersi degli interventi
in un ambito tanto delicato sono gli psicologi e gli psicoterapeuti regolarmente iscritti all’albo, che hanno
sviluppato delle competenze oggettive in questo settore grazie a studi universitari
dedicati, lunghi tirocini ed esperienza sul campo. A loro e solo a loro
andrebbe affidata la materia “Intelligenza Emotiva”, ideando una apposita
classe di concorso da aggiungere a quelle già esistenti. Capisco che così lo
Stato italiano non risparmierebbe, ma risparmiare non è sempre possibile. Soprattutto,
non è auspicabile che si programmino “interventi a costo (quasi) zero” nel
delicato settore della crescita psicologica dei nostri ragazzi. Se vogliamo
formare dei cittadini più maturi e consapevoli, imboccare delle scorciatoie non
ci condurrà a destinazione.
Per approfondimenti, visita la pagina del sito: Intelligenza Emotiva a scuola