lunedì 19 agosto 2019

Laboratori teatrali a scuola per sviluppare l’Intelligenza Emotiva?


Una disamina della Proposta di Legge presentata dall’On. Rubino nel maggio 2008

Da alcuni anni finalmente anche il Governo italiano si interessa all’introduzione dell’Intelligenza Emotiva a scuola. Nell’ordine sono state presentate una Proposta di Legge nel maggio 2008 a firma dell’On. Rubino, una Mozione dell’On. Bellucci nel marzo 2019 ed è stato assunto dal Governo un impegno in tal senso nell’agosto 2019 durante l’approvazione del Disegno di Legge n. 1264, «Introduzione dell'insegnamento scolastico dell'Educazione Civica».

In che modo procedere? I conti italiani, lo sappiamo, sono in sofferenza, pertanto le proposte sin qui presentate mirano sì ad introdurre delle novità, ma nel contempo intendono risparmiare, evitando di aprire nuovi capitoli di spesa nel bilancio statale. La nostra opinione è che non si possa introdurre all’interno del curricolo scolastico una materia tanto importante senza prevedere anche delle inevitabili e necessarie voci di spesa correlate.
In questo articolo mi occuperò della Proposta di Legge (non approvata) presentata al Parlamento italiano il 26 maggio 2008 dal deputato Fiorella Ceccacci Rubino, attrice teatrale e membro della VII Commissione Cultura e Spettacolo dal 2006 al 2013. A chi viene affidato il compito di formare gli studenti in aula nella nuova materia di studio? 
     a)   Nella scuola primaria, al personale diplomato nelle accademie e negli istituti di alta formazione artistico-teatrale riconosciuti dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.    
   b)  Nella scuola Secondaria di Primo e Secondo grado, ai docenti delle materie umanistiche.

La proposta mira all’introduzione delle attività teatrali nelle scuole di ogni ordine e grado; per questo motivo all’articolo 3 viene menzionato in maniera esplicita l’affidamento dell’insegnamento di «attività teatrali e intelligenza emotiva», collegati insieme come se si trattasse di un tutt’uno.
Ora, se è vero che occuparsi di teatro aiuta a sviluppare competenze relazionali e di autoanalisi, non è tuttavia possibile affermare che l’intero campo dell’intelligenza emotiva possa essere esaurito con delle lezioni ed esperienze di teatro.

Inoltre nella scuola Secondaria di Primo e Secondo grado si dovrebbero occupare di tale materia i docenti di “materie umanistiche”, dopo aver frequentato un corso di sei mesi erogato per l’occasione dal MIUR (art. 3, comma 2 della suddetta Proposta di Legge). Personalmente sono una docente di Lettere di scuola Secondaria Superiore, e fra la programmazione degli interventi didattici quotidiani, lo studio, le ore di docenza in aula, la correzione degli elaborati e gli impegni pomeridiani a scuola non rimane davvero molto tempo a disposizione per formarsi seriamente in un ambito differente rispetto a quello approfondito nel corso degli studi universitari. A meno che non ci si voglia improvvisare “attori” o “registi” senza di fatto esserlo.

Peraltro siamo sicuri che i docenti di materie umanistiche siano tutti “emozionalmente intelligenti”? Talmente competenti in questo settore da poter insegnare agli altri come fare? Io per prima nutro dei dubbi sulle competenze che potrei acquisire in corsi veloci erogati dal MIUR, poiché nella vita ho frequentato ogni sorta di corsi di crescita personale, ma le mie competenze “emotive” e di gestione di aule “problematiche” non ne hanno beneficiato più di tanto. I miei studenti possono testimoniarlo. Non basta frequentare un corso per diventare competente in un settore tanto delicato quale è quello dell’accettazione, dell’espressione e della gestione delle emozioni. Nel caso in cui dovessero emergere vissuti profondi, che competenza ha il docente di materie umanistiche per intervenire in maniera congrua, evitando di arrecare danni?

L’analfabetismo emotivo è diffuso in maniera capillare fra la popolazione, e il corpo docente non fa eccezione in tal senso. A mio avviso gli unici professionisti che possono permettersi degli interventi in un ambito tanto delicato sono gli psicologi e gli psicoterapeuti regolarmente iscritti all’albo, che hanno sviluppato delle competenze oggettive in questo settore grazie a studi universitari dedicati, lunghi tirocini ed esperienza sul campo. A loro e solo a loro andrebbe affidata la materia “Intelligenza Emotiva”, ideando una apposita classe di concorso da aggiungere a quelle già esistenti. Capisco che così lo Stato italiano non risparmierebbe, ma risparmiare non è sempre possibile. Soprattutto, non è auspicabile che si programmino “interventi a costo (quasi) zero” nel delicato settore della crescita psicologica dei nostri ragazzi. Se vogliamo formare dei cittadini più maturi e consapevoli, imboccare delle scorciatoie non ci condurrà a destinazione.

Per approfondimenti, visita la pagina del sito: Intelligenza Emotiva a scuola